Paola, “da piccola ho subito bullismo, scrivevo e disegnavo al contrario. Oggi invece sui social emerge chi è diverso”
La storia di Paola Saraceno, 26 anni, del Sud Italia, che ha viaggiato ed è tornata in Italia. Dove ha sofferto il bullismo per il suo essere fuori dagli standard, ma il suo lavoro artistico da digital marketer l’ha salvata. Perché ora “per emergere devi trovare proprio quella cosa che ti distingue dagli altri”, soprattutto sui social
Dalla Calabria a Los Angeles è un attimo. Potrebbe essere tranquillamente un cervello in fuga, ma lei ha scelto di tornare. A casa, in Italia, dove tutto può succedere, “nonostante tutto”. Tanto ci sono i social, il web, il mondo, in pratica.
Si chiama Paola Saraceno, è calabrese ed è una Millennial davvero particolare. Vive a Roma, viaggia molto e spesso torna a casa per fare il carico di ‘nduja e abbracciare la sua famiglia. È una freelance, si occupa principalmente di social media marketing e web design. Dopo aver conseguito la prima laurea, ha vinto una borsa di studio per seguire un corso in digital marketing & startup a Los Angeles. È stata a New York e a Miami, ha dormito in un’auto nel bel mezzo del deserto e ha abbracciato l’aria sul Grand Canyon. Ha seguito il suo miraggio, vivere negli Stati Uniti le “ha consentito di sviluppare una grande flessibilità e conoscere persone con un mindset differente” dal suo, ma alla fine ha scelto l’Italia. All’età di 19 anni ha cominciato un percorso di crescita personale, crescendo ha seguito un corso con Tony Robbins, prima, e con Mary Trapani Coaching dopo, che le hanno consentito di “sollevarsi e di avere fiducia nonostante tutto”.
Oggi Paola, a soli 27 anni, è una donna in carriera. Una digital marketer apprezzata sui social, una bella ragazza molto fotogenica e una life coach per i suoi clienti.
Vi starete chiedendo: tutto ok, bello. Ma perché dovrebbe essere una ragazza “davvero particolare”?
Come gran parte delle cose che vediamo oggi, tutto ha una un filtro. Sopra a un volto. O meglio, dietro a un profilo, un “feed”. La differenza tra stories e storia è bella grossa. Almeno quanto il mare magnum internettiano che separa gli utenti di Facebook da quelli di TikTok.
“Ho avuto un’infanzia molto difficile – racconta col sorriso, gli occhi di chi ha sofferto molto – ma ho sempre cercato di metterci del mio. L’arte mi ha aiutato tanto. Ho sempre subito il confronto con gli altri e in parte lo subisco tutt’ora. Forse perché da piccola tutti mi ripetevano che ero stupida, solo perché ero diversa. In me è sempre stata forte la voglia di arrivare, di dimostrare che anche io potevo farcela. Le cose sono cominciate a cambiare solo da adulta, prima con il lavoro in un call center, poi con i corsi di recitazione. Fino alla laurea e alle prime soddisfazioni lavorative. Ma sono ancora diversa dagli altri. Ho creato la pagina Instagram DigitalMente, sto ancora lavorando su me stessa”. (visita il sito web di Paola)
Ebbene sì, Paola è sempre stata una bambina fuori dagli standard. Fuori dal coro, controcorrente, una pecora nera in mezzo alle bianche. Nell’angolo quando i bambini a scuola facevano la merenda, al parco a giocare con i suoi amati animali, nella sua cameretta a fantasticare. Insomma, ovunque, tranne che in un gruppo.
“Alle elementari ho subito il bullismo dai miei compagni – continua – a volte anche dai docenti. Una volta una maestra mi ha preso dal colletto e mi ha sbattuto nella lavagna. Non ho mai avuto il coraggio di raccontarlo a casa. Il mio papà non c’era, mamma era sola e io non riuscivo ad aprirmi con nessuno. Ce ne sono voluti di anni prima che raggiungessi la consapevolezza di chi sono”.
Secondo il Dossier “Indifesa” di Terre des hommes e Scuolazoo, il 61% dei giovani afferma di essere vittima di bullismo o di cyberbullismo nel 2020, e il 68% di esserne stato testimone. Nell’anno del covid il 93% degli adolescenti ha affermato di sentirsi solo. E negli anni Novanta andava anche peggio, perché solo alla fine del secolo il problema del bullismo è stato preso seriamente. I dati sommersi sono inquantificabili, i bambini che ne hanno sofferto pure.
Paola era una di questi. Scriveva e disegnava al contrario, “troppo timida, troppo introversa, troppo lenta”. Poi crescendo, durante l’adolescenza, era “troppo silenziosa, troppo strana, troppo poco nei voti a scuola”. E poi all’università “troppo aperta, troppo socievole, troppo estroversa, troppo, troppo, troppo”. Sono tanti i “troppo” e i “troppo poco” che gli adulti le hanno affibbiato.
In più, come se non bastasse, è nata e cresciuta al Sud. Che non ha solo un bel mare, un paesaggio mozzafiato e i prodotti della terra. È nata in una città del Sud Italia, e non in una qualunque, a Reggio Calabria. Che a quei tempi era più “sistema” che città, dove “la cultura del lavoro scarseggiava, la mentalità era chiusa, il patriarcato era la legge e le figlie dei boss ti menavano per farti capire chi comandava”. Che “se non eri ‘figlia di’ non contavi niente, e se a questo si aggiunge una gravidanza difficile, un padre assente e un mare di problemi familiari… si può solo immaginare”.
Insomma, Paola non è mai andata bene in questo mondo omologato, finto, di plastica. Ma un giorno ha detto basta.
“Ho iniziato a innamorarmi del processo creativo prima ancora della meta – afferma soddisfatta – tutto avviene un passo alla volta, ci vuole tempo per valorizzarsi come professionisti. Paradossalmente quando capisci questo ti rendi conto che vieni apprezzata e che vali parecchio. In generale, non ho subito discriminazioni di genere, piuttosto ho notato che sul lavoro, in particolare nel mio settore, è difficile farsi notare perché è pieno di gente, professionale e non. Potrebbe sembrare assurdo detto da me che da piccola soffrivo perché mi sentivo diversa, ma per emergere in questo lavoro devi trovare proprio quella cosa che ti distingue dagli altri”.
Nel 2021 molti passi sono stati fatti in avanti nelle politiche di diversity & inclusion, ma molta strada c’è ancora da fare. Soprattutto nel “nuovo mondo”, internet.
“I social network sono mezzi di aggregazione – spiega Paola – sono nati per mettere in contatto persone da una parte all’altra del pianeta. Ti permettono di esprimerti e di farti conoscere, di dire la tua. Ma se ti guardi intorno capisci che invece tutto sembra finalizzato alla costruzione dell’immagine. E gli stereotipi non risparmiano né l’uomo né la donna, in questo c’è parità – scherza, sorride, poi si ferma come per afferrare un concetto.
“Prendiamo il prototipo dell’uomo figo: come dev’essere per farsi apprezzare sui social? Viaggiatore, buisness man, magari con una bella fidanzata, meglio ancora se lui è arrogante. I like schizzano alle stelle. Se invece prendiamo il prototipo della donna figa sui social tutt’altra storia: gentile, sorridente e finta disinvolta, che ti fa credere di aver fatto una storia appena sveglia quando magari l’ha provata 40 volte prima di caricarla. Meglio se rifatta, ora vanno il filler alle labbra e i nasi piccoli. Tutto questo è assurdo. C’è differenza tra ‘farsi vedere’ e ‘farsi conoscere’ e alla fine l’utente di qualità se ne accorge”.
Dunque sistema patriarcale che si rinnova. Ieri l’angelo del focolare, oggi delle stories. La bellezza resta protagonista indiscussa, stereotipi compresi. Sembra che si possa comprare tutto, dalle tette al culo, dal naso ai follower, dai like ai diplomi. Dai dati statistici raccolti da Omnicore sui principali social network, gli utenti attivi al mese su Facebook sono 2,50 miliardi, su Instagram sono 1 miliardo e su TikTok 800 milioni in crescita, con un engagement medio del 29%.
Proprio TikTok è stata la terza app scaricata nel 2019 (gaming escluso), luogo dove tutto le cose stanno cambiando. Sì, perché la Generazione Z e la Generazione Alfa, tanto criticate dagli adulti, stanno cambiando il mondo. Perché mentre su Instagram vanno le rifatte finte disinvolte e gli arroganti viaggiatori, su TikTok, regno delle nuove generazioni, trovi di tutto e tutto con numeri “k”: chi piange, chi ama gli animali, chi è in pigiama, chi soffre di anoressia, bulimia e obesità, chi è statunitense e chi è ucraino, chi fa la differenziata e chi insegna a farla, chi prova a essere migliore ogni giorno che passa. Basta andare sui loro profili per trovarci spesso consigli, incoraggiamenti, speranza, amore. E followers.
Come ha detto Paola, prima di salutarci con una domanda sui ragazzi. Che in passato l’hanno spesso rifiutata perché aveva poca autostima, ma “adesso le cose sono cambiate, perché ho maturato consapevolezza, voglio un uomo che mi sappia dare affetto. L’altro giorno in metro ho visto un’anziana chiedere l’elemosina ai passanti. Mi ci sono rivista. Ecco, mi sono detta, prima facevo come lei, elemosinavo affetto. Ma l’unica cosa che non si può comprare al mondo è l’amore”. Neanche sui social.
E tu sei bella proprio così come sei: diversa, naturale, senza filtri e senza pose. Sei bella perché sei tu e nessuna al mondo può essere come te. Quando questi standard passeranno di moda ce ne saranno altri, ma tu resterai tu. Questo è ciò che ti rende speciale. Non dimenticarlo mai.
Miraja
giornalista del ventre
“Storie che arrivano alla pancia delle persone”
Pingback: N.3: Ogni persona è unica – Desert Miraje™
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