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“Storie dal treno”: i nomi dimenticati delle donne di successo

Con la ripartenza del Desert Miraje® Magazine inauguriamo la nuova rubrica “Storie dal treno” curata da Irene Centola: i pensieri, le idee e le battaglie di una ragazza universitaria troveranno voce in questi articoli scritti direttamente dal vagone di un treno, raccontandovi realtà ogni giorno diverse e sorprendenti.

La vita da pendolare è un pendolo, per l’appunto, che oscilla tra l’attesa del treno d’andata e quella del treno di ritorno.

Eppure, in questi attimi di vita passati in attesa, possiamo concederci il lusso di lasciarci andare a riflessioni o letture, per occupare il tempo o, semplicemente, per non perderlo.

C’è chi ascolta musica e si isola da tutti, immerso nei suoi auricolari, chi sonnecchia appoggiato al finestrino, chi legge un romanzo, chi aggiorna il proprio profilo social.

Veduta di Gaeta dal treno per Roma

Io, nello scorrere la home di Instagram, forse per deformazione professionale, mi soffermo ad analizzare le ultime notizie pubblicate dai più famosi quotidiani italiani.

Noto che di giovani si parla sempre poco e, quando lo si fa, se ne parla male: si passa da un estremo all’altro, per cui o si tende a sminuire i titoli e i traguardi raggiunti o si finisce per caricare le aspettative e distorcere la realtà.

Quante volte ci è capitato di leggere le struggenti storie di giovani trentenni, quasi sempre originari di anonimi paesi del Sud Italia, e della loro prodigiosa ascesa nel mondo del lavoro: puntualmente ci si rivolge a loro chiamandoli per il solo nome (come fossero nostri amici!) e con vezzeggiativi o diminutivi che non gli rendono affatto onore.

Finestrino con vista sul tramonto

Per non parlare, ovviamente, di quando le protagoniste sono giovani donne: in questi casi non solo non viene riportato il cognome della diretta interessata, ma talvolta persino il suo nome. Si parla solitamente di una generica “donna”, il cui successo non solo è sminuito, ma anche ridicolizzato, colpevolizzato, di secondaria importanza rispetto ad altri argomenti come, ad esempio, la sua vita privata e sentimentale.

Al lato opposto, invece, c’è l’esagerazione delle aspettative sociali.

Nell’ultimo anno mi è capitato troppo spesso di imbattermi in titoli del genere: “A soli 20 anni è il più giovane laureato in Italia”, “Laurea da record: 110 e lode a soli 22 anni!” oppure ancora “Laurea lampo con lode”.

La notizia più recente riguarda Carlotta Rossignoli, influencer e modella, da poco laureata in medicina: i titoli recitavano che per lei “il sonno è una perdita di tempo”.

Da aspirante giornalista e studentessa universitaria, la domanda sorge spontanea: quand’è che il giornalismo italiano riuscirà finalmente a liberarsi di questa ridicola quanto dannosa retorica del merito?

Veduta di Gaeta dal treno per Roma

Secondo una stima del Comitato Nazionale per la valutazione del Sistema Universitario tra il primo e il secondo anno lascia gli studi universitari il 21,3% degli studenti, soprattutto per quanto riguarda le facoltà scientifiche, comprese Medicina e Chirurgia. Altro dato significativo è quello relativo ai laureati: raggiunge la laurea in corso soltanto l’8,7% degli studenti e complessivamente ben il 91,3% si laurea fuori corso.

Questi dati assumono una valenza ancora maggiore quando li rapportiamo a quelli relativi al tasso di suicidio giovanile: secondo l’Istat, nel 2021 in Italia sono 220mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita e, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico.

Molto spesso, le cause di queste scelte estreme sono l’insoddisfazione nei confronti della propria carriera scolastica, la frustrazione di non riuscire ad avvicinarsi a dei modelli ideali, la vergogna per le aspettative disilluse. E’ il caso di un ragazzo di 23 anni di Bologna, suicida nel giorno della sua “finta” laurea.

Lunghe attese in treno

Per non parlare, ovviamente, della questione di classe: non tutti possono permettersi tutto e nel 2022 l’istruzione è ancora un privilegio di pochi.

Dal vagone del mio treno, mentre mi reco come ogni giorno in università dopo l’ennesimo ritardo ferroviario, penso a tutto questo.

Penso che per me il sonno non è “una perdita di tempo” e che certe cose non dovrebbero mai essere scritte, tantomeno su testate così importanti. Penso che quel ragazzo di 23 anni era un fuorisede, come me, e magari di treni ne ha presi tanti anche lui per andare in università.

E in fin dei conti, penso che quegli attimi di attesa tra un treno all’altro siano uno dei momenti più belli della giornata e bisognerebbe imparare ad apprezzarli: perché, in ogni caso, l’importante non è arrivare ma godersi il viaggio.

Quindi prendetevi del tempo per voi stessi, preparate il vostro zaino e salite sul prossimo treno. E se vi va, leggete le nostre storie mentre siete in viaggio.

Buon viaggio!

Irene Centola

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