Una giornata alla Cooperativa Riabilitazione La valle, l’oasi felice del Golfo di Gaeta
Il Desert Miraje Magazine® ha avuto l’occasione di venire a stretto contatto con tutto lo staff e gli ospiti della Cooperativa La Valle di Gaeta, che da anni si occupa di assistenza riabilitativa: conosciamo insieme la loro giornata tipo e il loro lavoro.
Il verde, i sorrisi, il mare sullo sfondo. È un’oasi felice immersa nella città di Gaeta nel Sud Pontino. Una realtà in crescita che negli anni ne ha fatta di strada, aiutando i più fragili.
In questa meravigliosa giornata alla Cooperativa Riabilitazione La Valle, specializzata nell’assistenza riabilitativa neurologica, ortopedica e funzionale che a me sembra tanto un viaggio di crescita personale, la prima persona che mi accoglie è Paola.
Paola Di Marzo, educatrice, si occupa delle uscite, delle relazioni con il mondo esterno. Di lei impossibile non ricordare il sorriso. “Lavoro qui dal 1999, avevo 32 anni – racconta nel suo ufficio – ho iniziato per caso perché per strada c’era un annuncio per selezioni di lavori di pubblica utilità. Ho fatto la domanda e mi hanno chiamato.
“Dodici selezionate e dopo un anno ne sarebbero state assunte quattro. Mi ritrovai molto volentieri assunta dalla Cooperativa La Valle – continua emozionata dal ricordo – la condivisione penso sia la cosa più bella di questo posto. Perché hai lo spirito, la carica, anche nei momenti in cui ti senti un po’ giù. I miei colleghi mi supportano. La formazione continua è fondamentale”.
Intanto dalle altre stanze arrivano le voci di operatori, operatrici e pazienti intenti a lavorare per stare bene. C’è un’aria fresca, solare, la prima cosa che noto è che sono tutti giovanissimi. Non a caso, mi confronto con l’amministrazione e mi conferma dai dati che negli ultimi anni molti giovani sono stati assunti.
Vengo poi accompagnata nell’ufficio di Rosa Viola, psicologa, psicoterapeuta, direttrice della comunità alloggio e parte del consiglio di amministrazione che mi racconta com’è nata La Valle. “La struttura inizialmente era un capannone, ho iniziato nell’82, quando facevamo centri ricreativi ed estivi. Poi è subentrata l’esigenza di trovare un’alternativa. Da qui la creazione del centro diurno, fino a diventare una piccola azienda di confezionamento di vassoi d’alluminio, avevamo il nostro marchio.
“Abbiamo iniziato con operatori e ragazzi con disabilità che facevano sia attività formative, sia inserimento lavorativo – continua, mentre immagino che bel lavoro potessero svolgere tutti insieme – il confezionamento dei vassoi era semplice. Nel tempo questa azienda è andata bene e siamo diventati abbastanza importanti. Nel 2000 c’è stato un incendio. Ci siamo reinventati un nuovo percorso. Il presidente ed io eravamo laureati in psicologia. Oggi abbiamo due strutture, questa e la ‘Comunità alloggio la valle e dopo di noi’, con 12 posti letto, di cui attualmente occupati 11”.
Come svolgono la giornata i ragazzi? “La mattina si svegliano, vengono qui al centro, poi si va su, si mangia, riposino, doccia. Se riusciamo, usciamo a fare una passeggiata. Tra loro sono molto uniti.
È un punto nevralgico della nostra società continuare a pensare che una comunità alloggio possa essere un luogo difficile. Ma non sempre, non La valle. Perché i ragazzi che vi risiedono o la frequentano sono felici. “Sai, è difficile far capire alle persone che loro qui stanno bene, ma basta vedere le foto e incontrarli dal vivo – continua Rosa – forse per motivi sociali e culturali, ma ci sono ancora persone con quella mentalità dell’abbandono che le fa commentare al riguardo: ‘Poveri ragazzi, li hanno rinchiusi’. In realtà siamo una casa, una famiglia, viviamo tutti insieme. Festeggiamo i compleanni, giochiamo a tombola, facciamo teatro”. (visita la pagina Facebook de La Valle)
“A volte le mamme si sentono in colpa – spiega Giosy Avitabile, neuropsicomotricista dell’età evolutiva e al centro coordinatrice responsabile dell’area evolutiva dall’organizzazione del progetto – io mi occupo della prima visita, dell’equipe che segue i bambini degli incontri con le famiglie. Ognuno di noi vuole il meglio per i propri figli. So che la perfezione non esiste, ma vorresti che lo sia. Perché hai sempre la sensazione di avere bisogno di qualcuno”.
A volte non è facile accettare. “Rappresento il loro dolore. Non da sola ma con l’équipe per cercare di restituire un minimo di sollievo – continua Giusy – una disabilità è permanente se c’è una patologia dalla nascita, ma si può lavorare per aiutare il bambino ad integrarsi al meglio e migliorare la sua vita”.
Ho modo di visitare la struttura ed è davvero piacevole. Macchinari di ultima generazione, giovani al lavoro, pazienti col sorriso. Tra una chiacchiera e l’altra prendo un caffè e incontro un amico di vecchia data del nostro Desert Miraje® Magazine. “Mi sono trovato bene fin dal primo giorno in cui sono arrivato – racconta Mao La Croix, imprenditore ventinovenne di Gaeta che dal 2017 in seguito a un incidente stradale è tetraplegico e innamorato della vita (leggi la sua storia qui) – sono tutti gentili e lavorano molto bene. Io sono seguito da Simone, fatti dire qualcosa anche da lui!” – scherza con l’operatore e il clima subito si fa caldo.
“Oggi indossate una maglia dello stesso colore, vi siete messi d’accordo?” ironizzo. “Fare terapia con Mao è sempre una nuova scoperta! – esclama Simone Camera, giovane fisioterapista di Formia – faccio questo lavoro dal 2007 e mi è sempre piaciuto. Seguo Mao da 3 anni, anzi lo inseguo, perché non è facile stargli dietro, è un fiume in piena. Una bella persona, stiamo facendo un ottimo lavoro”.
“Devo fare benzina alla carrozzina – scherza Mao, in questo gioco di botta e risposta di stima reciproca – fare terapia con lui è divertente ma non sa che io faccio terapia a lui, tipo in Shutter Island, ci ispiriamo a quello”. E parte la risata.
“È questo il rapporto che si instaura, empatico – aggiunge Simone – ogni operatore deve essere in grado di leggere i messaggi non verbali mandati dal paziente. È importante però mantenere una certa distanza professionale che possa consolidare la fiducia nel tempo. Noi ridiamo e scherziamo, ma quando dobbiamo lavorare sa che deve mettersi sotto. È molto bravo Mao, si fida e ci crede”.
Immagino che uno dei lavori più impegnativi in questa struttura sia quello del front office e mi avvicino allo sportello all’ingresso per ascoltare qualche operatore. “Lavorare al front office è una sfida interessante, qui hai il primo contatto con l’utenza – spiega Claudio Di Schino al fianco della sua collega Sabrina – noi diamo tutte le informazioni per la presa in carico e l’orientamento. Chi viene da noi non viene a prenotare una casa vacanze, dunque è consapevole che sta per iniziare un percorso. Ci sono persone che non vedono l’ora di iniziare, altre che hanno appena conosciuto la propria condizione e sono di umore basso. Una delle cose a cui teniamo di più è far sentire tutti e tutte accolti, con il sorriso”.
Approfondisce questo discorso Desiree Sacco, presidente dell’Associazione “Il cielo è di tutti”: “L’associazione è nata alla Cooperativa La valle da un gruppo di genitori conosciuti tra una terapia e l’altra dei propri figli – racconta – ci siamo ritrovati e abbiamo capito che necessitavamo di una rete che fosse di base per informazione e supporto a tutte le famiglie che si ritrovano ad affrontare una disabilità. Ci siamo resi conto che i genitori in fase di diagnosi e pre-diagnosi sono spesso soli e non vogliamo più questo”.
Prima di andare via vengo accompagnata nell’ufficio del direttore generale, Cristian Leccese, 40 anni e da poco eletto sindaco di Gaeta. È gentile, alla mano, immediatamente mi fa accomodare e mi mette a mio agio. “Lavorare in quest’ambiente è entusiasmante – racconta con il sorriso – ti dà la possibilità di sprigionare tante idee, progetti avvincenti, soprattutto grazie al clima sociale e relazionale. Abbiamo condivisione, relazione, ci sentiamo tutti artefici del futuro e della gestione di questa realtà. Mi sento a casa.
“È motivante, il mio rifugio, il mio lavoro, dove sto bene, perché so di lavorare con persone che mi supportano. Per me è la normalità vivere i ragazzi, è come avere tanti fratelli. Loro sono la nostra famiglia. Anche con i pazienti esterni è lo stesso, perché oltre il centro diurno abbiamo anche persone in riabilitazione. Il nostro è un rapporto aperto, libero, senza troppi formalismi”.
In quel preciso momento entra Giacomo, fratello di Cristian, seguito da La Valle da tanti anni e soprattutto amato da tutti. “Siamo cresciuti insieme. Abbiamo un rapporto bellissimo – spiega Cristian – non mi hanno mai preso in giro per mio fratello, sono cresciuto in un quartiere periferico e ci siamo sempre sentiti accolti. Mio fratello gira tranquillamente da solo nel quartiere, è molto accolto dai negozianti e dalle persone. Gaeta è piccola e molto inclusiva.
“Mi piace seguire tutto, tra i progetti innovativi c’è la sperimentazione nella robotica. Ci siamo dotati di un robot riabilitativo in partnership con una start up con la Cattolica, credo molto nell’innovazione e nella crescita costante, dobbiamo sempre trovare cose nuove per alzare la partecipazione di tutti”.
“Dovevamo andare a Rio!” esclama Giacomo e Cristian aggiunge: “Vogliamo fare un viaggio in Brasile da anni, poi è scoppiata la pandemia. Mio fratello mi segue in tutto e adoro stare in sua compagnia. Appena possiamo ce ne andiamo a Rio, finalmente, non è vero Giacomo?”.
Miraja
Giornalista del ventre
“Storie che arrivano alla pancia delle persone”