Lavoro e famiglia: entrambe, ma a quale costo?
Nella nuova rubrica di “Storie dal treno” di questa settimana vi raccontiamo di donne, madri e lavoratrici. Quali sono le proposte concrete per venire incontro alle esigenze delle famiglie di oggi?
Il treno delle 17 e 36 è sempre strapieno, soprattutto di giovedì, quando tutti rientrano a casa per il fine settimana e i vagoni si riempiono di volti nuovi, accanto a quelli dei pendolari habitué.
Tra questi, quelli di una donna sulla quarantina: occhiali scuri, anche se fuori il sole è ormai calato da un pezzo, cappotto lungo color cammello, lupino a collo alto piuttosto anonimo, classico abbigliamento da ufficio.
Al telefono parla sottovoce, mal celando un’evidente stanchezza di fine giornata: “Va bene, tesoro, appena arrivo a casa ti aiuto io a fare i compiti, ma prima dammi il tempo di passare al supermercato, compro le cotolette e vengo.”
Riattacca e guarda fuori dal finestrino, forse ripassando a mente la lista della spesa o pensando ai compiti del figlio che le toccherà controllare. Nell’origliare la sua conversazione, non ho potuto fare a meno di pensare: quanto è difficile per una donna essere contemporaneamente una lavoratrice e una madre?
Quando ero piccola i miei genitori lavoravano entrambi, quindi passavo la maggior parte delle mie giornate con i nonni. Eppure, se non ci fossero stati loro, l’unica soluzione sarebbe stata quella di pagare una baby-sitter o un asilo nido a cui affidarmi. Una spesa non indifferente e che non tutte le famiglie possono permettersi.
Il volume della spesa di welfare delle famiglie nel 2021 è stato, infatti, di 136,6 miliardi, pari al 7,8% del PIL. Ogni famiglia ha speso mediamente 5.317 euro: 17,5% del reddito familiare netto, dove l’assistenza ai bambini e l’educazione prescolare sono al terzo posto.
Il nesso lavoro-famiglia è da sempre esistito e negli anni sono state avanzate alcune proposte che garantissero un equilibrio tra queste due macro-strutture della nostra società. Eppure, il concetto stesso di famiglia si sta evolvendo e con esso dovrebbero evolversi anche tutti i servizi ad essa annessi.
L’ideale della famiglia del Mulino Bianco si sta lentamente (ma neanche troppo) disgregando: al suo posto, un nuovo tipo di struttura, più smart e soprattutto più realista, composta da famiglie allargate, genitori single con figli a carico o coppie conviventi non sposate.
Mi chiedo come sia possibile che nel 2023 non esista ancora un sistema di welfare ben strutturato, pubblico, accessibile e che venga incontro alle esigenze di tutti. Ma forse una riposta c’è e questa risiede nel ruolo che la donna ha sempre avuto nella società.
I servizi non si rivolgono alle famiglie perché, semplicemente, nessuno si pone il problema: nella concezione tradizionale della società patriarcale, la donna resta a casa con i figli e il marito va a lavorare. Così è sempre stato e così “dev’essere”.
È l’impostazione di base, quindi, ad essere sbagliata: se si cominciasse a pensare alla famiglia non come siamo sempre stati abituati a conoscerla ma a come nel tempo si è adattata ai cambiamenti della società, cambiando anch’essa, allora forse le politiche familiari comincerebbero ad essere più mirate. Questo vuol dire “pari opportunità”.
Distolgo lo sguardo dalla donna sulla quarantina e, qualche sedile più in là, vedo una ragazzina col naso immerso in un libro più grande di lei: la lettura la prende così tanto che a malapena si accorge di ciò che le accade intorno. Chissà se un giorno anche lei riuscirà ad essere una madre e una lavoratrice.
Irene Centola