Gaeta No Covid: il caso di una città lodata in tutto il mondo
Dal primo momento la città del Sud Pontino è intervenuta con misure ad hoc nella tutela della salute, del benessere e dell’economia dei cittadini. Se l’Italia è stata apprezzata in tutto il mondo per come ha affrontato la pandemia, Gaeta è stata l’esempio dell’esempio
Questo reportage è frutto di un accurato lavoro d’inchiesta durato tre settimane, svolto direttamente sul campo durante la prima terribile fase del covid. Per non dimenticare
Un gabbiano al centro della strada. Il verde cresciuto sui marciapiedi. Il mare che sbuffa sulla scogliera silenziosa, presto o tardi si fa sera. Questa è Gaeta durante il lockdown, perla laziale in provincia di Latina che fa risalire il suo stato in modalità aereo alla prima fase della pandemia, quando riusciva a bloccare la diffusione del covid mentre in altre parti dell’Italia e del mondo diventava virale. Dal primo momento sono state adottate misure di contenimento e politiche di welfare ottimali, tanto da trasformare il “caso Gaeta” in un esempio da seguire. L’attenzione di televisioni e giornali locali e nazionali è stata parecchia. Il merito va alla macchina amministrativa, ma anche a enti, associazioni, chiese, soprattutto ai cittadini, perché tutti e tutte hanno collaborato e stanno collaborando in questo momento. Complice dei pochissimi casi di infetti e decessi rilevati nei mesi scorsi un duro lavoro di squadra, che ha visto spesso la città blindata con barriere di cemento e posti di blocco permanenti. Certo non sono mancati momenti di minor stretta per dare ossigeno all’economia, sebbene con le dovute cautele. La solidarietà e la coscienza sociale hanno fatto il resto.
«Da subito ho avvertito la necessità di tutelare la salute pubblica dell’intero comprensorio – ha spiegato il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano – ho spesso stigmatizzato alcune azioni e provvedimenti adottati dal Governo centrale, non nascondendo posizioni critiche su come stia affrontando l’emergenza sanitaria e quella economica». Nella prima fase della pandemia con l’operazione della Polizia Locale “Gaeta Sicura”, sono stati effettuati 12.766 controlli in 43 giorni, con termoscanner all’ingresso della città. «Grazie a questa linea siamo riusciti a contenere il fenomeno, è fondamentale che i cittadini continuino a rispettare le regole, altrimenti avremo fatto tutto per niente – ha commentato Aldo Baia, responsabile della Protezione Civile La Fenice di Gaeta – tutti stiamo dando una mano, molti giovani da noi non guardano più neanche l’orologio. E’ un momento difficile non solo per il rischio del contagio ma anche per l’uso della mascherina. Un vetro che ci separa da chi stiamo aiutando. Sono partito per diverse missioni, come Amatrice e Haiti, ma lì era diverso: potevi stringere la mano ai bambini, dargli una caramella, potevi abbracciare le persone”.
La crisi del sistema sanitario ha buttato l’Italia nello sconforto, fino ai vaccini. Eppure, se la pandemia ha ridotto il mondo in bianco e nero, le emozioni sono rimaste a colori. «Non è facile descrivere la sensazione che ho provato quando mi sono recato presso il reparto di malattie infettive riaperto per l’emergenza – ha sottolineato il sindaco Mitrano, che con l’aiuto di volontari e donazioni in pochi giorni è riuscito a riaprire e a far funzionare il reparto dell’ex ospedale Mons. Di Liegro – dodici posti letto e camere singole pressurizzate a supporto del comprensorio». Parallelamente, sono state adottate diverse politiche di supporto economico, per esempio 6 milioni di euro a tasso zero per sostenere il mondo imprenditoriale, oltre ai 500mila stanziati per sostenere le fasce più fragili. Non solo. Dopo il primo lockdown Gaeta ha ripreso vita ogni giorno di più. Con l’arrivo dell’estate, infatti, non sono mancati turisti e bagnanti. Nonostante tutto l’economia ha continuato a circolare nella Perla del Tirreno, sebbene con alcune difficoltà, soprattutto per le fasce più fragili della popolazione. È qui che è entrata in gioco la solidarietà.
Dal 2012 opera sul territorio il progetto Reti Solidali, che coinvolge Croce Rossa Comitato Sud Pontino, ADRA, Cavalieri dell’Ordine di Malta e Caritas, la cui mensa non si è mai fermata. “Serviamo in media 15 pasti al giorno – ha raccontato Bruna Giordano, responsabile e volontaria del Centro Caritas Mons. Di Liegro – i dispositivi di protezione e i finanziamenti li ha donati la Caritas diocesana. Abbiamo posizionato un banchetto all’ingresso, gli utenti arrivano, prendono il pasto e lo portano via. Molti di loro sono di Gaeta”. “Col prezioso aiuto di giovani volontari, abbiamo fatto un carico di alimenti e lo abbiamo consegnato alla Croce Rossa – ha detto Davide Malaguarnera, ex Pastore della Chiesa Avventista di Gaeta e referente dell’agenzia umanitaria ADRA – io ho chiamato i miei fedeli, uno per uno. Molti sono anziani chiusi in casa, completamente soli. Ho pregato con loro”. “Oltre alla raccolta fondi, abbiamo continuato ad assistere le famiglie che si rivolgono a noi. Spesso ci chiedono assoluta discrezione, consegniamo i pacchi in anonimato” spiega Nicola Pasciuto, Presidente dei Cavalieri dell’Ordine di Malta di Gaeta.
«Sin da subito si è attivato un bel lavoro di rete – ha spiegato Lucia Maltempo, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Gaeta – oltre al fatto che sto ricevendo tantissime telefonate». Lo ha fatto e lo fa, come meglio può. Per esempio, quando le mascherine mancavano nella prima fase del virus – come il pane nella Prima Guerra Mondiale – sarte e artigiani hanno prodotto e consegnato 20.000 mascherine, enti e associazioni no profit hanno organizzato raccolta fondi e carrelli solidali per la distribuzione dei viveri, la mensa cittadina non si è mai fermata. Perfino gli artisti del territorio sono scesi in campo. «Sulla scia della Sartoria Solidale abbiamo lanciato la Galleria Solidale» ha aggiunto Gennaro Romanelli, a 26 anni consigliere comunale e presidente dell’associazione culturale AbbelliAmo Gaeta, nell’ambito della raccolta fondi per il Centro di Diagnostica e Specialistica Mons. Di Liegro.
Tutto questo è stato importantissimo, eppure non è bastato. «Le persone hanno bisogno di aiuto, ma anche di gesti che fanno bene al cuore» ha sottolineato Elena, volontaria 26enne della Croce Rossa Comitato Sud Pontino, nel giro quotidiano di consegna degli alimenti a casa dei cittadini in difficoltà. Da sfondo, malinconico, un campanello che suona. La busta viveri lasciata fuori alla porta. Un dolce per i bambini. Le persone si sentono sole, vogliono essere ascoltate, ora più che mai. «Dopo tanti sacrifici mio marito aveva ricevuto una proposta di lavoro. Poi è stata dichiarata l’emergenza sanitaria e hanno cestinato il contratto a tempo indeterminato, pronto da firmare», ha raccontato una mamma sulla porta di casa. «Il nostro volo è stato cancellato 3 volte e siamo rimasti bloccati in Italia – ha spiegato in spagnolo (ndr) una coppia di rifugiati politici – forse è meglio così. Ma non possiamo lavorare, né tornare in Venezuela. La nostra fortuna è la padrona di casa, che ci permette di restare senza pagare».
Ce ne sarebbero di cose da aggiungere su questa città che, nonostante tutto, molto ha fatto da sola. E continua a sorridere, pure dietro a una mascherina. Che perlomeno mette in risalto gli occhi, da ferite a feritoie fanno passare la luce. È vero quasi ci soffoca, ma ci salva. Come l’amore.
Miraja
giornalista del ventre
“Storie che arrivano alla pancia delle persone”
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